Leone
AR 593
Numero
Inventario
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SCHEDA TECNICA
Luogo di rinvenimento:
-
Misure: h cm 5,1; l cm 5,4.
Materiale: terracotta marrone a impasto fine con fre- quenti inclusi di mica dorata fine.
Descrizione
statuetta di leone in origine bivalve (ora resta solo la valva anteriore); sopravvive solo la testa, quasi completa. Tracce di colore rosso chiaro. Del frammento sono ben visibili parte del muso a rilievo, le fauci aperte, l’orecchio ben delineato, il
pelame della criniera reso a incisione.
Non è possibile ipotizzare come fosse rappresentato l’animale nella sua interezza. Non moltissime, del resto, sono le statuette che lo riproducono: Boutantin, Terres cuites, ne ricorda solo 51.
Confronti: Boutantin, Terres cuites, p. 442, nr. 319; p. 442, nr. 321.
Approfondimento generale
In generale, poche sono le statuette che riproducono questo animale: Boutantin, Terres cuites, ne ricorda solo 51. Incerto è anche il loro scopo, forse di tipo religioso o ludico, o semplicemente decorativo. Secondo lo studio di Boutantin, Terres cuites, p. 439, in Egitto sono presenti in periodi successivi, soprattutto della più antica età faraonica, tre razze diverse di leone. Poi questo animale scompare dalla fauna locale, e diviene un animale di importazione: questa era certamente la situazione in età tolemaica e romana. Il leone è legato alla regalità: i testi che descrivono le imprese guerresche di Nuovo Regno si servono spesso del paragone con questa fiera per esaltare il coraggio, il valore e la capacità di incutere timore dei sovrani. La notizia che i re usavano possedere e ‘addomesticare’ animali di questo genere risale già all’età faraonica ed è storicamente provata: sappiamo che Ramesse II, ad esempio, possedeva un leone chiamato “Uccisore dei nemici” che portò con sé nella celebre battaglia di Qadesh; Thutmose III, invece, ne teneva due addestrati nel suo zoo, che lo accompagnavano in parata.
Tutto questo, naturalmente, contribuiva a sottolineare lo stretto legame fra la regalità umana e le caratteristiche del felino.
Rilievo di Ramesse II alla battaglia di Qadesh con il suo leone, dal Tempio Grande di Abu Simbel
Soffitto astronomico della tomba di Seti I, Valle dei Re, Tebe. Particolare del lato Nord.
Approfondimento Letterario
Nell’ambito della letteratura greca, il leone rimanda immediatamente alle favole esopiche, brevi storielle che hanno spesso per protagonisti animali parlanti, e si concludono con una morale semplice ma efficace.
L’autore più noto è Esopo, la cui vita è avvolta quasi nel mito: probabilmente schiavo di origine frigia, sarebbe vissuto a Samo nel VI sec. a.C., mentre la notizia, più tarda, relativa alla sua deformità fisica – sarebbe stato gobbo, balbuziente, e forse anche di statura molto bassa – è certamente falsa. Scrisse un gran numero di favole, molte delle quali furono riprese e modificate più tardi dal latino Fedro, vissuto nella prima età imperiale (I sec. d.C.). In alcune è presente la figura del leone: nella n. 264 un leone cammina con un uomo; ciascuno si vanta di sé stesso, ma, ed ecco la morale, spesso sono i fatti a smascherare e confondere le parole false e vanagloriose. In un’altra (n. ??), un leone lascia libero – evitandogli la morte – un topolino che si era arrampicato sulla sua schiena. Dopo del tempo è il topolino che salva la vita al leone, catturato dai cacciatori: coi suoi denti aguzzi rosicchia le corde della rete che imprigiona il leone, liberandolo e scappando con lui. Morale: anche i più piccoli possono essere coraggiosi e di aiuto a quelli più grandi di loro.
La n. 32, invece, in due versioni leggermente diverse, racconta la storia di un uomo che ha commesso omicidio. Impaurito cerca di fuggire, ma incontra un leone e, per salvarsi, si arrampica su un albero, dove però trova un serpente; in extremis si getta nel Nilo, ma un coccodrillo lo sbrana. Morale: nessun elemento della natura può aiutare un colpevole.
Approfondimento Papirologico
Anche i papiri ci danno testimonianza del successo che le favole esopiche hanno avuto in tutti i tempi: possiamo ricordare PSI VII 848 (= C.Gloss.Biling. II 10), un frammento di codice bilingue, greco-latino, databile al IV sec. d.C., che Giovanni Capovilla acquistò proprio a Medinet-el-Fayum (Arsinoe) nel 1924, per poi donarlo a Girolamo Vitelli (che pubblicò il frammento già l’anno successivo). In esso, su un lato (recto), è presente in greco l’inizio della favola 264 (vedi sopra), mentre sull’altro (verso) si conserva la fine della stessa favola in latino: dobbiamo, dunque, dedurre che nella parte perduta del foglio ci fosse il resto della storiella in greco e poi l’inizio della versione latina.
La favola n. 32 (vedi sopra), invece, compare in testi papiracei di ambito scolastico: i frammenti raggruppati ed editi come P.Rain.Unterr. 117-132 (tutti piuttosto tardi, databili fra V e VII sec. d.C.), infatti, presentano esercizi di dettatura di questa favola, con livelli diversi di errori.