Lucerna polilicne
AR 1193
Numero
Inventario
SCHEDA TECNICA
Luogo di rinvenimento:
-
Misure: cm 3,3 x ** x 7,7
Materiale: terracotta chiara a impasto poco poroso. Tracce di vernice nera.
Descrizione: corpo circolare, con aspetto triangolare dovuto alla disposizione dei tre beccucci, equidistanti, con punta piatta e stondata. Foro centrale delimitato da tre anelli in rilievo. Base non conservata.
Confronti: la struttura esterna sembra paragonabile alla cosiddetta lucerna a ‘ciotola’, che può presentare anche più di un beccuccio pur rimanendo completamente aperta: cfr., per esempio, G. Heres, Die punischen und griechischen Tonlampen der staatlichen Museen zu Berlin, Berlin - Amsterdam, 1969, nn. 1-18, pp. 15-19 (Taf. 1); E.-M. Cahn-Klaiber, Die Antiken Tonlampen des Archäologischen Instituts der Universität Tübingen, Tübingen 1977, nn. 3-28, pp. 127-128 (e Taf. 1).
Approfondimento Papirologico
La documentazione papirologica non offre termini riferibili a una lucerna analoga a questo esemplare, ma conferma la frequenza di mezzi di illuminazione a più punti luce. In particolare va ricordato il termine πολυκάνδηλον, attestato un’unica volta in O.PetrieMus. II 603 (= SB XXII 15526), del V sec. d.C.: si trattava di un mezzo di illuminazione formato da un supporto di metallo, spesso rotondo, che reggeva una serie di contenitori (per lo più fatti in vetro) del materiale da bruciare per fare luce. Esempi di questo tipo, del resto, sono ben noti in ambito archeologico, soprattutto cristiano, e, dunque, abbastanza tardo: cfr., per esempio, D. Bénazeth, L’art du métal au début de l’ère chrétienne, Paris 1992 (Musée du Louvre. Catalogue du département des antiquités égyptiennes), pp. 163-171.
Link: per O.PetrieMus. II 603 achtung!: c’è link in papyri.info da non dà nulla. Forse c’è immagine essendo O.Petrie?
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Lucerna maschera
AR 1167
Numero
Inventario
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SCHEDA TECNICA
Luogo di rinvenimento:
Sconosciuto.
Misure: h cm 2,8; l cm 8,4; L cm 2,8.
Materiale:argilla depurata di colore rosa con frequenti inclusi fini rossi, di calcare e mica dorata; rivestimento rosso scuro.
Descrizione: lucerna realizzata a matrice. Corpo circolare con doppie anse late- rali decorative, configurate a orecchie a punta. Fondo ad anello. La morfologia del corpo di questo tipo di lucerna è tipica delle produzioni egiziane di III-II sec. a.C. con influenza ellenistica. Al centro del disco vi è il foro di alimentazione, delimitato da tre anelli in rilievo, di cui l’ultimo è composto da una serie continua di piccole perline. Nella parte di disco verso il beccuccio, è raffigurata una maschera di cui si ricono- scono bene le principali caratteristiche: capelli ricci disposti a ventaglio, so- pracciglia folte e arcuate, naso largo, lunghi baffi ricurvi verso il basso, bocca ghignante con labbra carnose. Essa sembra corrispondere alla classica raffigurazione greca del satiro, spesso presente sulle lucerne del I sec. a.C., soprattutto se si interpretano i due riccioli rivolti verso l’alto come due piccoli corni. Il foro di bruciatura è solo parzialmente conservato.
Confronti: Petrie, Roman Ehnasya, nr. 4 (Pl. LV); Bailey, A Catalogue of the Lamps, I, Q 473 (Pl. 88); per la maschera vd. Dunand, Catalogue des terres cuites, p. 219, nr. 601; p. 221, nr. 607.
Sulle lucerne con raffigurazioni di delfino: C. Boutantin, Terres cuites et culte domestique. Bestiaire de l’Egypte greco-romaine, Leiden - Boston 2014, p. 532.
Sulle lucerne: M. Mossakowska, Pap.Congr. XXVII, III, pp. 1533-1562.
Su κλιδίον: cfr. anche G. Husson, Oikia, p. 158.
Sui cartoni su papiro: cfr. A. Stauffer, Antike Musterblätter, Wiesbaden 2008.
Approfondimento Papirologico
Nell’Egitto di età greco-romana, performances teatrali erano frequenti come intermezzo fra gare atletiche durante i giochi sportivi del circo, ma, naturalmente, le opere di molti drammaturghi greci (tragedie, commedie, mimi) erano rappresentate soprattutto nei teatri presenti in numerose città.
I papiri hanno restituito sia porzioni di drammi teatrali già conosciuti dai codici medievali, prime fra tutte quelle di Euripide, sia, e soprattutto, testi di autori altrimenti scomparsi nella tradizione diretta.
Per citare il caso più famoso, alla fine del XIX secolo, Menandro, commediografo vissuto nell’Atene del IV sec. a.C., è stato a lungo noto solo grazie a citazioni di altri autori antichi, e come modello delle commedie latine di Plauto e, soprattutto, di Terenzio. Grazie ai papiri che cominciarono a riemergere negli scavi archeologici a partire dai decenni finali dell’Ottocento, si sono potuti recuperare molti frammenti che ci hanno permesso di leggere interamente il Dyskolos e parti consistenti di almeno altre cinque commedie dell’autore.
Fra i papiri contenenti versi di Menandro ricordiamo PSI XII 1280, conservato presso il Museo Egizio del Cairo, che restituisce trenta versi della Theophoroumene, nel corso dei quali tre personaggi (Parmenone, Lisia e Clinia) decidono di mettere alla prova l’invasamento della ragazza da cui prende il titolo il dramma. Forse proprio per provare la veridicità del suo invasamento, la fanciulla entrava in scena cantando la monodia restituita da PSI XV 1480, un papiro del periodo I a.C.-I d.C., acquistato sul mercato antiquario e conservato nella collezione fiorentina, se è corretta l’assegnazione del frammento alla commedia.
Lucerna con delfino
AR 1180
Numero
Inventario
SCHEDA TECNICA
Luogo di rinvenimento:
da ambiente 7, in superficie
Misure: h cm 3; l cm 8,4; L cm 6
Materiale: argilla calcarea depurata di colore beige, con frequenti inclusi fini neri e mica argentata; rivestimento nero.
Descrizione:
lucerna realizzata a matrice. Corpo circolare a sezione biconica. Disco circolare con ampio foro di alimentazione centrale e aletta laterale a for- ma di delfino. Decorazione a ‘colonna ionica’ appena accennata sul canale. Beccuccio con punta triangolare. Fondo ad anello. Fra le lucerne provenienti dallo scavo del 1964/65 ad Arsinoe, quelle con decoro a delfino sono complessivamente sette (oltre alla presente, inv. AR 713; 740; 1149; 1190; 1192; 1219).
Questa tipologia di lucerne è probabilmente una ‘semplificazione’ delle lucerne con presa laterale conformata, in questo caso, a delfino, tipica produzione egiziana del periodo tolemaico: le lucerne di questo tipo più famose sono le Bubastis lamps e le loro diverse imitazioni.
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BIBLIOGRAFIA
Il delfino rimanda a un ambito iconografico e simbolico che godette di molta fortuna lungo i secoli. Il delfino è guida e salvezza per i naviganti, protagonista di diversi miti che lo legano strettamente all’uomo; in ambito cristiano andrà poi a rappresentare sia il mezzo con cui l’anima raggiunge il porto della salvezza, sia il Cristo che salva l’uomo.
Il delfino è presente nell’arte greca fin dall’età più antica: a solo titolo di esempio, si possono ricordare le raffigurazioni di questo animale di epoca minoica (primi fra tutti i delfini della Stanza della Regina a Cnosso (XV-XIV sec. a.C.). Notevole la fortuna iconografica anche in epoca ellenistica e romana: si pensi ai bellissimi delfini musivi della Casa detta, appunto, dei Delfini, a Delos; e alla splendida coppia di delfini color oro su fondo scuro dell’affresco della casa della Regio V di Pompei, anch’essa detta dei Delfini, recuperata durante gli scavi del 2018.
La caratteristica individuante di questa lucerna è l’ansa con la raffigurazione di un delfino.
Questo stesso animale compare, oltre che nell’esemplare già citato (inv. 1190), anche in tipologie diverse di lucerna, ma il contesto sociale di appartenenza resta il milieu greco, non essendo questo un animale tipico della fauna egiziana.
Sospesa fra realtà e mito è la figura di Arione (Ἀρίων), citaredo eccelso che, come narrano Erodoto (I, 23-24) e altri autori più tardi (Luciano, Plutarco), dopo aver dimorato a lungo a Corinto sotto la protezione del tiranno Periandro, viaggiò in Italia e in Sicilia. Accumulate grandi ricchezze grazie alla propria bravura, decise di tornare a Corinto, ma i marinai della nave su cui viaggiava decisero di eliminarlo per impadronirsi dei suoi beni. Arione, allora, chiese e ottenne di cantare un’ultima volta, per poi gettarsi in mare.
Un delfino giunse in soccorso del poeta, caricandoselo sul dorso e conducendolo sano e salvo a riva. Periandro, una volta ascoltato il racconto di Arione, smascherò e punì i marinai, e sul Tenaro, punto di approdo di Arione, fu eretto un monumento votivo raffigurante un uomo a cavallo di un delfino.
Approfondimento Letterario
Approfondimento Papirologico
I papiri documentari non offrono alcuna testimonianza di una lucerna decorata con un delfino o plasmata secondo le sue forme, ma la presenza di un decoro animale è attestata per es. da P.Oxy. LIX 3998 (IV sec. d.C.), che contiene una lettera privata nella quale viene menzionata una lucerna con la raffigurazione di una volpe (r. 37, τὸν λύχνον ἔχοντα ἀλώπηκαν – lege ἀλώπεκα).
Interessante è anche evidenziare che nei testi documentari il termine δελφίϲ (delphis) compare una sola volta, al diminutivo e in un contesto del tutto particolare: P.Oxy. XVI 1925, del VII sec. d.C., conserva una lista di mobili ed elementi architettonici consegnati per (la ristrutturazione di?) un προάϲτιον (proastion) che comprendeva (oltre a magazzini, stalle e dimore dei lavoranti), anche la casa dove il padrone risiedeva quando veniva a controllare i propri possedimenti e lo svolgimento delle varie attività che li riguardavano.
Fra i beni troviamo anche un κλιδίον (klidion) a forma di piccolo delfino (r. 37, κλιδίον ἤτοι δελφινάριον) destinato al gabinetto o toilette (χρεῖαι cioè latrinae).
Il κλιδίον doveva essere una forma di chiusura di condutture dell’acqua: ciò che viene indicato nel papiro, quindi, è verosimilmente una specie di rubinetto fatto a forma di delfino.
Interessante è anche evidenziare che nei testi documentari il termine δελφίϲ (delphis) compare una sola volta, al diminutivo e in un contesto del tutto particolare: P.Oxy. XVI 1925, del VII sec. d.C., conserva una lista di mobili ed elementi architettonici consegnati per (la ristrutturazione di?) un προάϲτιον (proastion) che comprendeva (oltre a magazzini, stalle e dimore dei lavoranti), anche la casa dove il padrone risiedeva quando veniva a controllare i propri possedimenti e lo svolgimento delle varie attività che li riguardavano.
Fra i beni troviamo anche un κλιδίον (klidion) a forma di piccolo delfino (r. 37, κλιδίον ἤτοι δελφινάριον) destinato al gabinetto o toilette (χρεῖαι cioè latrinae).
Il κλιδίον doveva essere una forma di chiusura di condutture dell’acqua: ciò che viene indicato nel papiro, quindi, è verosimilmente una specie di rubinetto fatto a forma di delfino.
I frammenti papiracei ci offrono anche un altro tipo di documentazione, rara e molto interessante:
quella dei ‘cartoni’, cioè fogli fatti con una carta piuttosto spessa, su cui venivano riprodotti disegni che sarebbero stati poi utilizzati come modello per la produzione di stoffe decorate. Su alcuni di questi cartoni, relativi in particolare a scene riconducibili al mito greco, sono raffigurati anche delfini.
Particolarmente interessante è, per es., il cartone di Vienna (P.Vindob. G 1301 + 1307; TM 68886; LDAB 10156; Stauffer: VI-VII d.C.; Horak: IV d.C.) riproducente un decoro a ‘foglia’ (o ‘picca’) con putti su delfini, destinato a un clavus (cioè a un decoro a striscia posto in verticale sui lati lunghi di una tunica).
BIBLIOGRAFIA
Sulle lucerne con raffigurazioni di delfino: C. Boutantin, Terres cuites et culte domestique. Bestiaire de l’Egypte greco-romaine, Leiden - Boston 2014, p. 532.
Sulle lucerne: M. Mossakowska, Pap.Congr. XXVII, III, pp. 1533-1562.
Su κλιδίον: cfr. anche G. Husson, Oikia, p. 158.
Sui cartoni su papiro: cfr. A. Stauffer, Antike Musterblätter, Wiesbaden 2008.